Adolescenti navigati. Come sostenere la crescita dei nativi digitali by Matteo Lancini

Adolescenti navigati. Come sostenere la crescita dei nativi digitali by Matteo Lancini

autore:Matteo Lancini [Lancini, Matteo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Erickson
pubblicato: 2015-03-19T09:27:10+00:00


CAPITOLO SESTO

COME SOSTENERE GLI ADOLESCENTI

NAVIGATI A SCUOLA

Se dare consigli ai genitori non è semplice, non è certo più facile provare a dire qualcosa di non banale, di minimamente sensato e utile per gli insegnanti, i coordinatori di classe e i dirigenti scolastici. Ogni scuola, come ogni istituzione, è caratterizzata da una propria

«cultura affettiva» che ne orienta il funzionamento, il modo di proporre l’offerta formativa e le dinamiche interne. Qualsiasi organizzazione di lavoro è mossa da obiettivi e progetti di sviluppo che vengono perseguiti attraverso processi decisionali, più o meno consapevoli, così come avviene in ogni famiglia naturale. All’interno di ogni struttura, pubblica o privata, che offra servizi o prodotti, esistono approcci teorici e modelli culturali ispirati da codici affettivi differenti, che si confrontano e si contrappongono, così come avviene nelle famiglie. Attraverso un lavoro di ricerca e di analisi dei dati raccolti è possibile comprendere quali codici affettivi ispirino il funzionamento dell’organizzazione, quanto si siano integrati democraticamente, come il confronto consenta di realizzare il compito primario istituzionale o, al contrario, quanto la contrapposizione ideologica e il conflitto in atto ostacolino il raggiungimento degli obiettivi di lavoro, paralizzando, a volte, il funzionamento istituzionale. È possibile, cioè, «scattare una fotografia» del funzionamento istituzionale in quel determinato momento storico.

La «cultura affettiva» di un gruppo di lavoro o di un’istituzione dipende da molteplici fattori; quella di ogni singola scuola è determinata, tra le altre cose, dalla collocazione territoriale, dall’utenza diretta e dai genitori, dalle dirigenze che si sono succedute, dagli avvenimenti «mitici», e a volte drammatici, che hanno coinvolto l’istituzione, e così via.

Se si è convinti che ogni scuola abbia la propria «cultura affettiva», non si può che procedere con cautela nel fornire indicazioni a presidi e insegnanti sul modo di declinare la propria funzione, proprio perché molto dipende dalla specificità dell’istituzione di appartenenza. Io ne sono convinto, anzi, avendo avuto l’occasione, nel corso della mia professione, di incontrare un migliaio di classi di adolescenti, ho verificato quanto non solo esista una «cultura affettiva» istituzionale, ma, come ben sanno gli insegnanti,

quanto ogni singola classe rappresenti, a propria volta, un gruppo di lavoro unico, specifico, a volte straordinariamente differente da quello che «vive» affianco, in un’ambiente a soli pochi centimetri di muro o cartongesso. Una distanza fisica minima, una parete sottile che, in realtà, divide universi lontani, due classi abitate da dinamiche specifiche molto distanti tra loro, da due gruppi di menti che lavorano così diversamente da far dubitare di essere nella stessa istituzione.

Ogni classe è un soggetto psicologico a sé stante, il cui funzionamento dipende, anche in questo caso, da molteplici variabili, tra cui, certamente, la composizione dei suoi appartenenti e il modo di funzionare del Consiglio di classe. Il soggetto piscologico detto

«gruppo classe», composto da adolescenti, è un interlocutore ogni volta unico, con proprie caratteristiche specifiche e straordinariamente complesso da gestire. È stata una delle scoperte che più mi ha stupito e colpito all’inizio della mia esperienza professionale.

Mi chiedevo come fosse possibile entrare in una classe dello stesso anno, nella stessa scuola, nell’aula



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